martedì 16 febbraio 2016

ALLATTAMENTO E RITORNO AL LAVORO. La storia di Annalisa


Ho temuto il ritorno a lavoro prima ancora di partorire. Per rimandarlo il più possibile ho chiesto la flessibilità in maternità proseguendo il lavoro sino alla fine dell’ottavo mese per poi rientrare al quarto mese della mia bambina ma alla fine, il fatidico giorno è arrivato e il 4 maggio sono tornata ad occupare la mia scrivania. Oltre al mal di stomaco al solo pensiero di stare qualche ora senza mia figlia, nel periodo immediatamente prima di ricominciare a lavorare le mie principali paure erano di non riuscire a produrre abbastanza latte da allattarla al seno e contemporaneamente immagazzinare una scorta del freezer o che lo svuotare il seno con il tiralatte comportasse non averne se per caso subito dopo la mia piccola avesse voluto piluccarne un po’. Avevo paura che non volesse il biberon oppure che si abituasse alla vita facile e rifiutasse il seno una volta a casa. Insomma avevo paura di tutto e del contrario di tutto. Inoltre, tutte le persone che si sarebbero dovute occupare di mia figlia mentre io ero in ufficio, a loro volta lavorano e per me sarebbe stato un problema rispettare orari particolarmente rigidi. Due settimane prima di riprendere servizio ho ricevuto la prima bella notizia dall’ufficio personale: avevo diritto ad una riduzione oraria per allattamento di 2 ore al giorno e ne potevo usufruire come volevo, prima di entrare o in uscita o per una pausa pranzo più lunga. La seconda bella notizia me l’ha data il mio capo ufficio, rassicurandomi sul fatto che avrei potuto portare la bambina con me se fossi stata in difficoltà. Per lui l’importante era che il lavoro fosse fatto. Nello stesso periodo, il mio compagno, per vedere se prendeva volentieri il latte tirato, ha scongelato un biberon e mi ha spedito a fare un massaggio. Quando sono tornata il biberon era vuoto e la pargola addormentata. Così abbiamo iniziato e così ancora proseguiamo. A seconda di quale nonna è disponibile e da che ora, porto o meno mia figlia in ufficio con me. In genere ci resta per un oretta, ovvero il tempo necessario a farsi sbaciucchiare da tutte le colleghe e quando la “baby-sitter” di turno si libera, viene a prendersela. Ovviamente in questo lasso di tempo non riesco a combinare moltissimo quindi sono io la prima persona a cercare di evitare il co-working ma se non ci sono alternative va bene anche questa soluzione. I primi giorni lasciavo 3 biberon di misure diverse: uno da 70 ml, uno da 100 ml ed uno da 150 ml. Ma è bastato poco tempo per capire che a mia figlia bastavano 2 biberon da circa 120 ml per le 5 ore e mezza in cui sono fuori. Di conseguenza ho stabilito una rigida routine: il primo biberon lo riempio la mattina appena mi sveglio e il secondo in ufficio dopo la parsa pranzo. Fortunatamente sono in ufficio da sola per cui quando sento un formicolio fastidioso al seno capisco che è il momento giusto per chiudere la porta ed attaccare il tiralatte. Tiro fuori il mio canovaccio, il biberon da riempire, mi lavo bene le mani e massaggio il seno come mi ha fatto vedere la consulente Monica. Il tutto senza neanche smettere di lavorare. Il latte tirato lo conservo in un frigo a disposizione in ufficio e quando esco lo metto in un porta biberon termico con una busta di ghiaccio gel. Anche adesso che mia figlia ha compiuto 8 mesi, ci siamo trovati così bene con questa routine che non abbiamo avuto per niente fretta di iniziare uno svezzamento tradizionale ed abbiamo optato per un alimentazione complementare in cui l’alimento principale continua ad essere il latte materno. In ambito lavorativo mi rendo perfettamente conto di essere una persona fortunata, e non solo per il contratto di lavoro che mi permette di usufruire con grande flessibilità delle ore per l’allattamento, ma anche e soprattutto per l’ambiente in cui lavoro, per i colleghi comprensivi e anche quelli un po’ meno comprensivi ma che comunque fanno buon viso. Ovviamente tutte le mie paure relative alla produzione di latte si sono dimostrate infondate: anche se appena tirato, quando la pargola chiama gli ormoni fanno il loro dovere e non c’è assolutamente pericolo di rimanere senza, inoltre niente può essere anche solo paragonabile al mangiare abbracciati e coccolati dalla mamma.