lunedì 15 dicembre 2014

Per nessun motivo al mondo avrei rinunciato ad allattare Aurora. E questo lei lo sa.... la storia di latte di mamma Alice e Aurora


Un telo verde davanti al viso, una radio accesa e un’infermiera dagli occhi chiari che mi tiene la mano. E poi il musetto rotondo e assonnato di mia figlia. Questi i ricordi di quel martedì 30 luglio 2013, il giorno in cui è nata la mia Aurora. Mentre ero in sala operatoria, pensavo alle parole del ginecologo: “Signora, sembra che la bambina non cresca più… conviene farla nascere…” e pregavo solo che stesse bene. Per fortuna le mie preghiere sono state ascoltate: Aurora era in ottima salute, solo un po’ più leggera di molti altri bimbi, con i suoi 2,530 kg. Subito dopo il cesareo sono stata trasportata in una saletta post operatoria, e ho visto Aurora tra le braccia di Luca, il suo papà, che la guardava con gli occhi lucidi. Lei dormiva beata, ma come Luca l’ha messa sul mio petto si è svegliata e mi ha guardato… e lì ci siamo incontrate, mamma e figlia, pronte a prenderci cura l’una dell’altra, ad affrontare insieme un importante cammino di conoscenza, scambio, consapevolezza e amore. Aurora ha subito cercato il seno. Io, ancora provata dall’operazione, emozionata e timorosa di sbagliare, cercavo di aiutarla. Ho notato immediatamente una certa difficoltà di mia figlia ad attaccarsi: essendo piccina era più debole e spesso, dopo poco, si addormentava, oppure si arrabbiava perché non usciva latte ma solo poche gocce di colostro. La montata lattea è arrivata nella notte tra giovedì e venerdì. Ricordo come se fosse ora la sensazione di calore e la tensione al seno. Pensavo che con l’arrivo del latte “vero” i problemi dei primi due giorni si sarebbero risolti in un attimo. Mi sbagliavo. Aurora si attaccava raramente e dopo pochi minuti dormiva o piangeva disperata. In ospedale mi sentivo come in ostaggio: tutti a dirmi cosa dovevo o non dovevo fare, mille pareri discordanti, mille prove per fare mangiare la mia piccina. Mi dicevano di tenerla sveglia, di provare a farla attaccare anche quando lei non ne voleva sapere… mi facevano tirare il latte per poi darglielo nel biberon o con la siringa. Ero stanchissima e sotto pressione, passavo le giornate a piangere. Aurora non cresceva, con il calo era arrivata a 2,350 kg, e io temevo per la sua salute. Ogni mattina uno strazio, la pediatra la visitava al nido e il responso era sempre lo stesso: “la bambina non cresce”. E la colpa era mia. Mi sentivo, in realtà, doppiamente in colpa: la sua crescita si era arrestata nella pancia e ora che era nata non ero in grado di nutrirla come avrei voluto. Siamo rimaste in ospedale una settimana, una lunghissima settimana. Poi, finalmente, il 5 agosto siamo state dimesse. Aurora aveva preso poche decine di grammi, ma il pediatra aveva deciso di farci andare a casa. In realtà era ciò di cui avevamo bisogno. Di serenità. Di stare insieme a casa nostra e prenderci il nostro tempo. Perché io volevo con tutta me stessa allattare mia figlia, e sapevo che ci sarei riuscita! Il mese di agosto è stato durissimo. Per fare mangiare Aurora tiravo il latte almeno 3 volte al giorno e le davo l’aggiunta dopo la poppata al seno. A ripensarci ora mi sembra di aver vissuto con il tiralatte in mano, giorno e notte. Per fortuna avevo l’aiuto di Luca, che non si è risparmiato. E anche il supporto di Monica e delle mamme del gruppo Sos Allattamento… i preziosi consigli mi hanno aiutata ad avere coraggio e anche più fiducia nel mio istinto di mamma… un istinto innato che difficilmente sbaglia! Così, dopo poche settimane, abbiamo gradatamente eliminato le aggiunte e Aurora ha iniziato a mangiare solo ed esclusivamente al seno. Pian piano, giorno dopo giorno, tra le mie braccia, è cresciuta. In barba a chi pensava che non ce l’avremmo fatta vista la fatica iniziale; in barba a chi mi diceva “Ma lascia perdere! Per fare questa fatica, dalle il latte artificiale!”; in barba anche a chi, prima che nascesse, mi diceva che non sarei riuscita ad allattarla a causa delle dimensioni del mio seno non proprio da maggiorata! Vederla e sentirla attaccata a me è ancora e rimarrà sempre una delle sensazioni più belle al mondo. Nulla è così appagante, nessun momento così pieno d’amore. L’allattamento mi ha insegnato molto: a non mollare davanti alle difficoltà, a credere di più in me, ad essere più paziente. Per nessun motivo al mondo avrei rinunciato ad allattare Aurora. E questo lei lo sa. E infatti, ogni mattina e ogni sera, mi tocca con le sue manine e tutta contenta dice mi dice: “titta”!!!

mercoledì 10 dicembre 2014

Amore quindi è la parola che per me più si addice all’allattamento....riflessioni di mamma Claudia.


Qualche giorno fa Monica chiedeva sul gruppo facebook SOS ALLATTAMENTO di scrivere un’unica parola che rappresentasse per noi l’allattamento, io ho dato forse la risposta più scontata ovvero amore. A ben pensarci però, la parola amore è si scontata pensando all’allattamento però è quella che per me racchiude davvero tutti i sentimenti ad esso legati, in maniera reciproca da parte di mamma e bimbo. Questo pensiero scontato mi gira per la testa in questi giorni in cui, coi miei bimbi di quasi 6 e quasi 3 anni inizio ad essere un po’ in conflitto per la loro voglia di indipendenza e le loro prime ribellioni. Proprio oggi mio figlio grande mi ha detto: sei cattiva, cosa che mai aveva fatto prima ed io, forse complice il meteo infausto che porta malinconia, anziché rabbia ho provato smarrimento, nostalgia, tristezza. Per carità, è normale nell’educazione che un bambino di quasi sei anni si ribelli alle poche regole imposte , ma la nostalgia è legata a quei momenti idilliaci che passavamo insieme quando lui si abbandonava completamente a me e cercava nutrimento e coccole, mai un capriccio, solo voglia di contatto e sguardo perso nel vuoto con gli occhietti azzurri che mi fissavano pensando che io fossi il centro del mondo. Invece lui ora ha chiamato cattiva il centro del suo mondo, forse si è reso conto che invece il mondo è molto più vasto, che lui ha grandi potenzialità e che io, in qualità di genitore, protezione, amore incondizionato, rappresento anche in parte ostacoli e regole. La cosa mi ha un po’ turbato anche perché infondo la reputo giusta e perché mi vengono in mente i primi dissidi coi miei genitori emersi più o meno intorno a quegli anni se non prima, di cui però non ricordo. Capitolo seconda figlia; tre anni il 19 gennaio, spirito libero, disordinata, autoritaria, selvaggia, indipendente. L’altro giorno eravamo nei bagni dei bambini di un parco coperto, lei doveva fare il suo bisogno solido e ha voluto stare sola in bagno chiamandomi quando aveva finito. C’erano madri che mi guardavano stranite perché sto scriciolo di manco un metro mi gridava di stare fuori perché doveva fare da sola. Ecco, in virtù di questo “caratteraccio” levarle il seno è stato più che un normale processo di crescita, una vera battaglia psicologica fra lei, suo padre e me, perché la ragazza, nonostante tutta la sua voglia di solitudine, alla tetta proprio non voleva rinunciare e fino a 29 mesi abbiamo lottato strenuamente. Mi fermo un attimo, io sarei pure andata avanti ma, Davide è del 2009 e ha ciucciato fino a novembre 2011, quando io incinta di 30 settimane ho voluto smettere lui si è rassegnato senza troppi drammi, due mesi dopo è nata Viola che ho allattato fino a luglio 2014. Quindi, con una pausa di due mesi, ho prodotto il latte di una multinazionale di settore. Lei ancora oggi non ha del tutto accettato la scelta mia, con la finezza e la prepotenza che la contraddistingue mi saliva in braccio e si serviva da sola, potevamo essere ovunque anche in fila al supermercato. Nei momenti nostri di tenerezza (ebbene si, questa dispotica bimba è comunque una gran coccolona) lei si tira fuori il seno destro, da un bacino e ci si appoggia sopra e il cuore mio si gonfia facendomi desiderare di fermare il tempo. Mi vengono quindi in mente tutte le fatiche legate a questi cinque anni di allattamento ma subito questi pensieri sono prepotentemente rimpiazzati da nostalgia dei miei frugolini piccoli, quando io ero il loro centro dell’universo e quando volevano unicamente stare attaccati a me. Amore quindi è la parola che per me più si addice all’allattamento, perché per me ha significato questo, uno scambio continuo che rimarrà per sempre impresso nella mia mente e credo pure a loro. Avendo quindi avuto questa fortuna immensa, di quando erano piccini è la cosa che mi manca più di tutte le altre.

venerdì 5 dicembre 2014

...ho continuato, ascoltando il mio istinto e il mio bambino ... LA STORIA DI LATTE DI SILVIA E GIOELE..


La nostra storia inizia alle 3.04 del 28/11/2013 quando dopo un faticosissimo e lunghissimo Travaglio nasce Gioele con parto cesareo d'urgenza per battito cardiaco alterato. Di quella lunghissima notte ho dei ricordi un po' offuscati dalla fatica, ma quello che ricordo benissimo è il momento in cui mi dicono che i battiti del cuore di Gioele stanno calando e che lui è in sofferenza, devono intervenire subito, lui è incastrato e non scende, nonostante io spingessi con tutte le mie forze, cercano di mettermi la ventosa intanto che l'equipe sta preparando la sala operatoria, io piango e Dario il mio compagno è stravolto accanto a me ma cerca di farmi forza. Mi confesserà dopo di aver temuto per la nostra vita. La ventosa non riescono ad inserirla ed io vengo trasportata in sala operatoria, da lì a poco vedrò il mio bambino! Ero sdraiata su quel lettino, quasi in croce, perché le braccia sono praticamente bloccate dalle flebo, finalmente l'anestesia aveva fatto effetto e i dolori atroci che avevo fino a qualche secondo prima erano cessati, l'infermiera mi rassicurava e mi diceva che sarebbe andato tutto bene. Sento tirare e strattonare e penso che il mio bimbo è lì che sta nascendo, dovrei sentirlo piangere, ma non sento niente e cerco di tranquillizzarmi, al corso preparto ci hanno spiegato che non piangono subito i neonati, ma sono in ansia e chiedo al l'infermiera che mi dice che è nato e lo stanno visitando, un vitellino di 3.920gr per 55cm! Poi sento il suono più dolce del mondo, la sua "vocina" che urla! Gioele ha sofferto un po' il parto e devono tenerlo nella notte nella culletta termica perché fa freddo, me lo fanno vedere un secondo, gli do un bacio e me lo portano via. Non dimenticherò mai quel visino contratto e tutto rosso, era arrabbiato, povero piccolo. Verso le nove del mattino finalmente me lo portano in camera e l'infermiera mi chiede se volevo provare ad attaccarlo, mi dice che avendo i punti del cesareo probabilmente mi avrebbe fatto male, ma io in quel momento non sentivo niente, la fatica del travaglio e della notte appena passata erano svaniti, ero già seduta sulla sedia nonostante i punti e il catetere e aspettavo solo lui. Me lo mette in braccio e lui come sente la tetta ci si avventa sopra famelico e inizia a ciucciare, come se non avesse fatto altro nella vita, ci sono rimasta male, non credevo avessero un istinto così forte. Io rimango lì a guardarlo, le sue manine, il suo visino, era perfetto, una meraviglia. Gioele aveva una fame nera, i giorni in ospedale sono stati durissimi, lui piangeva sempre ed io cercavo di attaccarlo il più possibile nonostante i dolori ai capezzoli dei primi giorni, stringevo i denti quando si attaccava e pensavo ma se fa così male come faccio. Il secondo giorno arriva un'infermiera della nido e verifica se si attacca bene, lui ciucciava bene e mi controlla il seno, mi dice che è caldo e che ho un bel capezzolo di portare pazienza che il latte sarebbe arrivato e di tenere le tette al vento che così non mi sarebbero venute le ragadi, è così è stato. È stata durissima vederlo così disperato, lui ciucciava e ciucciava e poi si arrabbiava perché non usciva niente e mi tirava le testate. verso il terzo giorno i parenti cominciavano a consigliarmi velatamente di chiedere di dargli il latte artificiale, poverino dicevano sembra un uccellino, se non ti arriva il latte come fai, lui deve mangiare, ma io sono una testona e sono andata avanti così, è arrivato quasi al limite del calo fisiologico, ma finalmente verso la sera del quarto giorno mi accorgo intanto che ciuccia che le sue labbra che erano sempre secche iniziano ad essere umide e penso, sta arrivando ed è arrivato finalmente il latte! Il giorno dopo ci dimettono, finalmente arriviamo a casa e la stanchezza mi è arrivata addosso tutta insieme, come un treno. A casa i nonni che ci accolgono e festeggiano ed io seduta sul divano con lui in braccio che ciuccia, desideravo solo stare sola con il mio bimbo ed il suo papà nessun'altro attorno e invece tutti lì a guardarmi, mi sentivo sul tavolo dell'inquisizione! I primi giorni a casa sono stati faticosissimi, i nonni sempre tra i piedi a cercare di "aiutarmi" ed io non riuscivo a rilassarmi con il mio bambino. Fortunatamente il mio compagno capisce la situazione e dice a tutti di stare a casa loro per un po' perché abbiamo bisogno di stare soli, lui mi aiuta in casa, fa tutto lui ed io devo solo pensare a Gioele. È così prendiamo il nostro ritmo ci conosciamo, Gioele cresce benissimo, quasi un kilo al mese solo del mio latte, è un orgoglio quando alle visite la pediatra mi dice che ha una crescita perfetta e armoniosa, di continuare così! È così ho continuato, ascoltando il mio istinto e il mio bambino che sapeva benissimo cosa doveva fare, fregandomene quando mi dicevano che ciucciava troppo che mangiava sempre e che sarebbe stata dura fargli mangiare altro perché era troppo attaccato alla tetta. Invece Gioele che ora ha un anno mangia con gusto di tutto e adora ancora la sua tetina. Il mio bimbo mi ha insegnato tanto, ad aspettare che i tempi siano maturi a non giudicare le altre mamme, perché ognuna fa sempre il meglio per il suo bimbo ed è facile da fuori dire io farei diversamente, ma quando ti trovi con tuo figlio urlante, stanca da mesi di notti insonni a volte cerchi la via per sopravvivere e sopratutto mi ha insegnato a cercare sempre di essere serena perché loro vivono per un nostro sorriso. È questa è la fine della mia storia ma non del mio allattamento, andrò avanti fino a quando io e Gioele ne avremo voglia!