martedì 30 maggio 2017

…..ma io e te amore mio non ci siamo arresi e continueremo il nostro percorso affrontandolo insieme…

Sei arrivato il 7 febbraio 2017 dopo un’ora e mezza dal ricovero. Parto naturale per 4 chili e 20 grammi insomma come terzo figlio non è niente male. Essendo il terzo pensi che tutto filerà liscio perché ormai sei esperta e non hai le 1000 paure che potevi avere col primo. In sala parto ti sei subito attaccato e anche solo tenerti in braccio e guardarti ciucciare per me era una gioia immensa. Quei due giorni in ospedale sono trascorsi con grande serenità, ti sono venuti a trovare i tuoi fratelli e ti hanno tenuto in braccio e vedervi tutti e tre insieme era come aver vinto al superenalotto. Il giorno che ci hanno dimesso ho iniziato a sentire un po’ di bruciore ai capezzoli…. le ragadi stavano comparendo, ma vista l esperienza ho messo subito la crema adatta….ma nulla, nonostante tutto le ferite peggioravano. Arrivati a casa ho mandato papà ha comprare i paracapezzoli….che sollievo! Alle dimissioni avevi il livello dell ittero un po’ alto, ma non così elevato da metterti sotto alla lampada, unica nota dolente, la tua poca resistenza nella ciucciata. Dopo 2 settimane, avevi preso 100gr….. Ed ecco che sono iniziate le paturnie. Un’amica mi ha consigliato di contattare una consulente dell’allattamento tale Monica Bielli….. Scettica, la contatto! Viene a casa mia ….. Due parole davanti ad un caffè…. Messi i guanti ha ispezionato la coformazione della bocca ed ecco il responso…. Per la conformazione di mento, palato e lingua mio figlio avrebbe avuto difficoltà nei primi tempi e normale che abbia rotto i capezzoli!!… Due dritte per aumentare la produzione di latte e via si ricomincia da capo. Latte ce n’ era, il paracapezzolo mi dava sollievo e comunque ti faceva succhiare bene. Dopo 40 giorni sento un po’ male al seno e mi sale la febbre a quasi 40°…. Chiamo subito Monica che mi spiega che poteva essere un dotto un po’ intasato in un punto e come fare. Quindi ho passato tre giorni a fare impacchi, immersioni del seno, ad attaccare Andrea e a tirarmi il latte per evitare che la situazione peggiorasse. Per fortuna ne siamo usciti senza dover ricorrere all’antibiotico. Quante volte ho pensato di mollare, ma la consapevolezza che ogni mio sacrificio sarebbe stato un tuo privilegio, mi ha fatto stringere i denti e continuare. Però nonostante tutto il peso faceva fatica a crescere, ma io non volevo mollare, non volevo smettere di allattare il mio bambino; però non potevo neanche permettermi di non farlo crescere. Ho letto non so quanti articoli relativi all’ allattamento coi paracapezzoli, e mi rendevo conto che avrei dovuto toglierli al più presto. Intanto Andrea aveva più di 2 mesi, e nonostante mangiasse regolarmente il peso aumentava lentamente, circa 120 gr a settimana….al limite! Così ho iniziato a dargli un biberon di LA come ultima poppata della giornata, sotto consiglio del pediatra. Grazie a quella spintarella il mio bambino ha iniziato a crescere, quindi prendeva latte materno giorno e notte, e solo prima della messa a nanna della sera, prendeva il latte artificiale. Ero molto più tranquilla ma non del tutto perché quei paracapezzoli non li sopportavo più. Avevo già iniziato ogni tanto a provare a toglierlo ma ad Andrea non piaceva succhiare senza paracapezzolo. Monica mi aveva tranquillizzato e mi aveva detto che appena il bambino avesse avuto più forza e mento e lingua avessero assunto la posizione corretta crescendo e avendo più forza nel succhiare il paracapezzolo automaticamente lo avrebbe eliminato. Ci credevo, anche se mi sembrava impossibile. Ad ogni poppata provavo a toglierli soprattutto all’ inizio quando il riflesso di emissione era più forte…..Qualche minuto succhiava ma poi lo rivoleva…..senza che me ne accorgessi il tempo di suzione senza paracapezzolo era più lungo di quello con…… Andrea ha quasi 4 mesi….e sí, il giorno tanto atteso è arrivato, da una decina di giorni Andrea mangia senza il paracapezzolo, e guai a rimetterlo!!!! La nostra strada è stata a tratti tortuosa e in salita, ma io e te amore mio non ci siamo arresi e continueremo il nostro percorso affrontandolo insieme!

venerdì 28 aprile 2017

La nostra storia di latte... mamma Marysa e Carlotta


Buongiorno Monica, mi farebbe molto piacere che pubblicassi sul tuo blog la mia storia,
Il 17-11-2015 viene al mondo la mia bimba, parto naturale, indotto e senza epidurale. L'attacco al seno avviene sin da subito in sala parto. Le ostetriche molto gentili e pronte a rispondere ad ogni mia domanda. Dopo qualche ora inizio già a sentire male ai capezzoli, così mi consigliano di applicare la pomata alla lanolina e lasciare il seno scoperto così da poterlo far respirare. Ovviamente, il male aumenta. Più volte mi è stato spiegato (da loro) come dover attaccare in modo corretto la mia piccola, ma nulla da fare. Arrivata a casa, inizia il baby blues. Un po' perchè fondamentalmente avevo 24 anni e quindi con la gravidanza in atto non avevo ancora ben capito come sarebbe cambiata radicalmente la mia vita e un pò per il male atroce dovuto alle RAGADI. Urlavo, piangevo, ero molto arrabbiata e "infelice", sentivo di non essere capita. Ero circondata da donne che continuavano a ripetermi: "tesoro, è normale che tu abbia male al seno, è capitato a tutte. Resisti!" Questo non mi aiutò. Arrivai al punto di avere l'ingorgo e mi rifiutai di attaccarla dal male "atroce". Volevo smettere di darle il mio latte a tutti i costi, così mi recai in ospedale dalle ostetriche e chiesi loro le "pastiglie". Nulla da fare, fortunatamente non me le diedero e mi convinsero a continuare, a svuotarmi il seno con il tira latte. Per i primi giorni mi consigliarono di dare il mio latte a Carlotta con il bibe, il dolore al seno sarebbe diminuito e avrei mantenuto la produzione del latte sia tirandomelo con il tira latte che attaccandola al seno. Così feci. Arrivò però il momenti in cui la dovetti attaccare nuovamente e così rincominciò il "dolore". Provai qualunque tipo di crema, anche i copri capezzoli in argento (quelli mi facevano venire l'ingorgo) e i copri capezzoli areati con i buchini che permettevano a seno di respirare e nel frattempo raccoglieva il gran latte che perdevo, ma nulla cambiò. Dopo ben due mesi e mezzo di dolore (più lieve col passare del tempo rispetto all'inizio),passò. Il pediatra di mia figlia mi consigliò una crema e....MIRACOLO! il dolore era scomparso, finalmente. Da li in poi non ebbi più dolore e se per caso sentivo un leggero fastidio mi bastava applicare un pò di quella crema e tutto passava. Ripresi a lavorare che Carlotta aveva 3 mesi. Quando non ero in casa, mia mamma o il mio compagno, le davano il mio latte dal bibe e lei lo prendeva ben volentieri. Questo fino al 10° mese, quando non ne volle più sapere e decise di prenderlo solo dal mio seno. Pertanto, quando mi assentavo lei mangiucchiava qualcosa ma senza chiedere latte. Che dire... col senno del poi ringrazio infinitamente le ostetriche (che mi hanno seguito durante il travaglio e parto) che mi hanno incoraggiato a non mollare. Nel corso dei mesi avevo mille dubbi..del tipo: il mio latte è abbastanza sostanzioso? Perche si sveglia così tante volte la notte? E' colpa della tetta? A queste risposte spesso ha risposto la "mitica" consulente dell'allattamento Monica Bielli di sos allattamento Trascorsi ben 14 mesi arrivai a stufarmi della tetta. Era diventata un 'ossessione per Lei. Ogni momento era buono per "ciucciare". Per di più stentava a mangiare la sua pappa. Così temporeggiai ancora due mesi e decisi di togliergliela! Non è stato facile, lei piangeva, il mio seno era duro come un mattone. Il mio consiglio è , quando intraprendete la strada per lo svezzamento al seno, oltre che essere convinte al 101% della vostra scelta, affidatevi a persone competenti! I pediatri spesso sbagliano su qualche passaggio. Per esempio, a me le pastiglie che mi consigliò il pediatra non hanno fatto alcun effetto, ma i consigli di Monica Bielli, sì! Ora è una mangiona. Mangia a tutte le ore. A volte anche di notte e si sveglia ancora 3 volte circa (un po' dorme nella sua culla in cameretta e un po' nel lettone di mamma e papà). Anche se richiede molti sacrifici, il mio consiglio è quello di allattare se ne si ha la possibilità, con l'unica clausola che non deve essere un peso per la mamma.

lunedì 10 aprile 2017

Sono proprio quei giorni duri che ho superato, che mi hanno portato fino qui...la storia di Valentina e Carlotta


Carlotta è nata giovedì 5 gennaio 2017 con taglio cesareo d'urgenza, perché dopo avermi indotto il parto col gel a causa del mio diabete insulinodipendente, Carlotta è andata in sofferenza fetale e non vi nascondo che per me furono i 40 minuti più lunghi e brutti della mia vita, finché l'ansia e il silenzio in sala operatoria furono rotti dal più bel suono del mondo, il pianto della mia bambina! Purtroppo le ore successive, non furono spensierate come avrebbero dovuto essere, sempre a causa dell'insulina Carlotta continuava ad andare in ipoglicemia e decisi di fare la prima notte senza la mia cucciola, la feci riportare in nursery perché non ero in grado dopo l'operazione di prendermi cura di lei. Ogni due ore il suo papà andava in nursery a darle un bibe di latte artificiale. Da lì iniziò il calvario per attaccarla alla tetta! La mia bambina era piccolina, faceva fatica a succhiare e non voleva attaccarsi, perché si sa, il latte artificiale col bibe era più comodo, in gran quantità ed usciva subito! I giorni in ospedale li ricordo con dolore e sconforto, perché era una lotta per farla attaccare, un sacco di costrizioni per me e mia figlia ( mi mettevano del glucosio sui capezzoli per invogliarla a succhiare, glucosio?! Ma non avevamo già problemi di glicemia?!) arrivai all'ultima sera convinta che avrei smesso di allattarla, non avevo la montata lattea ed erano già passati tre giorni!!! La domenica tornammo a casa ed io sapevo di avere un problema, iniziai a dire che dovevo prendere un tiralatte, avevo paura di "perdere l'attimo" e mio marito mi disse di chiamare la consulente per l'allattamento che ci avevano consigliato in ospedale, una certa Monica Bielli. Feci il numero con la paura di trovare una persona che mi avrebbe costretto, nonostante il dolore, ad attaccare a forza mia figlia, ed invece no, lei mi disse di affittare subito il tiralatte. Il mattino seguente presi appuntamento con lei, senza essermene accorta mi era arrivata la montata lattea, iniziai a tirare il latte ed usciva!!! Lei mi disse di provare ad attaccare Carlotta ogni tanto ( anche se era piccola e si stancava subito), ma cosa più importante mi disse di avere pazienza un mesetto che non appena fosse cresciuta un po' si sarebbe attaccata. Fu un mese durissimo, il mio principale alleato era il tiralatte, tiravo il latte 6 volte al giorno, provavo ad attaccare la cucciola ma dopo 2 minuti si addormentava stremata. Non sto a raccontarvi di ingorghi vari, massaggi nell'acqua bollente sotto la doccia calda o di ben 2 volte, a causa di incazzature varie, mi è quasi andato via il latte e dei "pompaggi" successivi per recuperarlo..., si ho passato mesi con le tette in mano!!! Dopo un mesetto Carlotta inizió ad attaccarsi sempre di più, Monica aveva ragione!!!! Ma faceva malissimo!!!! Un dolore fortissimo ai capezzoli!!! Richiamai Monica che arrivó subito, disse che mi era venuta la candida e, a conferma di ciò venne il mughetto in bocca a Carlotta, feci la cura per 15 gg sempre col tiralatte in mano,dopodiché ricominciai ad attaccare la mia cucciola sempre di più, fino alla seconda candida, adesso era facile riconoscerla! Qualche giorno di cura e via, tornata come nuova! Dopodiché una notte mentre allattavo iniziai a stare male, male alla pancia ai reni, il mattino dopo andai in ospedale a fare un'ecografia e mi trovarono un istmocele all'utero che con le contrazioni per l'allattamento mi causava dolore, ma dovevo tenermelo, può capitare col cesareo e col tempo passerà! Fino alla terza candida.. stesso discorso! La prima volta che mi venne la candida chiamai Monica dicendole che volevo assolutamente smettere di allattare e lei mi rispose che mi capiva, che avevo ragione, ma se fossi riuscita a resistere solo per qualche giorno in più, sarebbe passato.
!!! Adesso, nonostante tutti gli intoppi Carlotta ha 3 mesi e pesa 6 kg (era nata di 2730 gr) ed è una bambina felice! Quando l'attacco al seno e lei alza gli occhi mi guarda e sorride in quel momento capisco perché ne è valsa la pena, capisco che Monica mi ha regalato un rapporto unico e speciale con la mia bambina, io ho solo saputo prendere questo dono! Perché oltre alla consulenza e l'aiuto in Monica ho trovato un'amica, le ultime volte che è venuta qua piangevamo dal ridere e credo che la magia sia stata proprio questa, trovare un "angelo" coi guantini blu, al quale affidarsi e lasciarsi guidare in quella che sarà una delle avventure più belle della vostra vita!!! ..nonostante le difficoltà ovviamente ma quelle si dimenticano in fretta!!!

sabato 25 febbraio 2017

Ho allattato con il cuore, con la testa e..con il tiralatte. La storia di latte di Serena e Mariasole


Quando ero in attesa di Mariasole pensavo che allattarla sarebbe stata la cosa più semplice e naturale al mondo. Perché e' così che ai corsi pre-parto l'allattamento viene dipinto: un momento magico in cui tutto è spontaneo ed idilliaco, il bimbo si attacca seguendo il suo istinto naturale e la mamma è lì, pronta ad offrire tutto il suo latte. Nessuno ti dice cosa è realmente l'allattamento. Che e' sacrificio, devozione, pazienza, tanta pazienza, stanchezza. Che solo se hai le giuste motivazioni e il giusto supporto ci si riesce. Che non per tutti i neonati è uguale, che alcuni per i diversi e più svariati motivi non si attaccano subito o non si attaccano facilmente o non si attaccheranno mai, e che in questi casi, per sopperire senza perdere la possibilità di allattare, esiste il tiralatte e che esistono figure professionali in grado di aiutare le neo mamme dispensando consigli pratici e soprattutto fornendo sostegno morale. Perchè è proprio il sostegno morale ciò di cui una neo mamma ha più bisogno per continuare a credere in se stessa e non cedere subito e senza nemmeno averci provato, al latte artificiale, più facile, subito pronto e decisamente meno impegnativo. E perchè senza sostegno morale non si acquisisce quella giusta tranquillità emotiva che tanto aiuta la produzione di latte. Quando Mariasole è nata ho capito immediatamente che allattare non era e non sarebbe stata quella passeggiata cosi semplice ed idilliaca che mi avevano dipinto. Mariasole ha dimostrato fin da subito difficoltà ad attaccarsi, a posizionare correttamente le labbra e soprattutto a succhiare. Dopo essersi attaccata a fatica, succhiava qualche minuto e, complice la bilirubina alta, si stancava facilmente e dopo pochi minuti si addormentava sfinita e non sazia. Passava più tempo a cercare di attaccarsi che a succhiare. Abbiamo passato ore al nido nel tentativo di “risolvere il problema” ed è al nido che per la prima volta mi sono imbattuta ed ho preso confidenza con quella macchina diabolica che da lì in poi è diventata la mia fedele alleata..il tiralatte! Nel frattempo Mariasole aveva perso peso, più del dovuto, ed ovviamente la colpa venne data al mio latte: “non succhia a sufficienza”, “non tiri a sufficienza”, “hai poco latte”. Al momento delle dimissioni il responso era chiaro: biberon e latte artificiale, visto che il mio tirato non era sufficiente e non la nutriva abbastanza. Il nostro rientro a casa è iniziato cosi, tra ripetuti ed isterici tentativi di attaccare Mariasole al seno, pianti disperati, sconforto, senso di inadeguatezza, lunghe e snervanti tirate manuali di latte ed alla fine biberon di artificiale per sopperire alla mia scarsa produzione. Nessuno mi aveva detto come e quanto tirare per non perdere il latte e per aumentare la produzione in modo che potesse arrivare ad essere sufficiente per Mariasole. E' in questa fase di sconforto totale che mi sono ricordata del gruppo SOS allattamento in cui pochi mesi prima ero stata inserita da un'amica -che ancora ora ringrazio di cuore- e del suo guru, Monica Bielli. I consigli di Monica sono stati provvidenziali e da subito hanno fatto la differenza e in poco più di due giorni la produzione è raddoppiata, riuscendo a soddisfare quasi integralmente la richiesta di una appagatissima Mariasole. Ma l'aiuto più prezioso è stato a livello psicologico-morale. Grazie a Monica ho capito che non c'era nulla di sbagliato in me, che ci sono bimbi che non riescono ad attaccarsi al seno e che il non allattare direttamente al seno non mi rendeva meno mamma, perché in qualche modo stavo allattando anche io. Sono passati tre mesi, tre mesi di me, Mariasole e il tiralatte. Tre mesi non facili, di giornate scandite dal dover tirare ogni tre ore per non diminuire la produzione, perché quando hai il latte, provi un immenso piacere a recuperane ogni singola goccia e una specie di senso di colpa nel non sfruttarne pienamente ciò che la natura ti ha donato. Tre mesi in cui ci ha fatto visita anche la mastite..male, tanto male, febbre, antibiotici, i seni giganti e bollenti, impacchi caldi e freddi, il latte che non viene più per 4 giorni e che poi, grazie a magica Monica ritorna praticamente come prima, il male che diventa un ricordo lontano, la paura di una eventuale ricaduta e i consigli di chi mi suggeriva di smetterla che straordinariamente se ne vanno spazzati dalla voglia di continuare a dare a Mariasole un po' di me. Tre mesi in cui ogni singola volta che ho dato a Mariasole un biberon di latte appena munto, nel sentire il piacere con cui se l'è gustato e nel vedere le goccioline traboccare sulle sue paffute guanciotte, mi si è riempito il cuore di gioia e di orgoglio per avercela fatta. Di una cosa ora sono certa, prima di tutto si allatta con il cuore, poi con la testa ed infine con il seno o..con il tiralatte! "

venerdì 10 febbraio 2017

LA MIA PRIMA STORIA DI LATTE E' UNA NON-STORIA... Chiara ci racconta....

La mia prima storia di latte è una non-storia. Pietro è arrivato 21 giorni prima del previsto, interrompendo un’attesa idilliaca e catapultandoci in una nuova vita per cui non eravamo ancora pronti. Parto indotto, bimbo che appena nato respira male e mi viene tolto per 72 ore e messo in incubatrice. Per 3 lunghi giorni lo tocco solo infilando le mani negli oblò, lo vedo attraverso un vetro. Per me, che me l’aspettavo tutto diverso, è così straziante che quasi preferisco evitare di andare al nido a vederlo. E da lì comincia la mia discesa agli inferi. Non c’è niente che vada come mi ero aspettato. è tutto sbagliato. Io sono sbagliata. Scoprirò solo più tardi, grazie a Monica, che avrei dovuto tirarmi il latte in quei giorni in cui lui non era con me, che la nascita di un bambino non fa di te automaticamente una mamma. E’ un percorso, che si deve iniziare in due. Io, invece, non riuscivo nemmeno a creare un legame con quell’essere che mi era stato strappato da dentro. Ci ho messo un mese e mezzo prima di arrivare a Monica. Ormai ad allattare non pensavo nemmeno più, avevo pianto tutte le mie lacrime, sentendomi inadeguata, intrappolata nella vita di un altro, assolutamente non portata. Quando è arrivata Monica per il corso di massaggio e abbiamo parlato, con il cuore in mano, per la prima volta dopo mesi mi sono sentita rinascere. Ho capito che era tutto normale, che non ci sono mamme sbagliate e mamme giuste, ma semplicemente mamme. Io ero la mamma di Pietro, un essere speciale per me, un piccolino con il quale ho creato il nostro bonding attraverso il massaggio, che è stato l’inizio della mia rinascita. Ora quel piccolino ha quasi 4 anni e mi chiama la sua regina. Penso di non aver proprio sbagliato tutto! :-) Quando sono rimasta incinta di Jacopo tutti mi chiedevano, con timore e sottovoce, se davvero questa volta avrei voluto allattare. Dopo la prima esperienza, sembrava quasi un’impresa al di là delle mie capacità. Io stavolta ero decisa: avrei allattato. La mente, avevo imparato dal mio primo figlio, è quella che ti può aiutare o distruggere. Questa volta sarebbe stata mia alleata. Così, quando è nato Jacopo, ho subito chiamato Monica appena rientrata a casa. Jacopo si attaccava perfettamente e per me è stata veramente una rivincita, su me stessa e le mie debolezze. Non è stato facile all’inizio, anzi: con due bimbi le cose si complicano, però con un po’ di buona volontà e con l’aiuto preziosissimo del mio compagno e di mia mamma e stressando un po’ Monica, ora siamo a 4 mesi e mezzo di tetta e siamo sereni e quasi mi dispiace un po’ pensare al momento in cui lui si staccherà da me e prenderà la sua strada.

lunedì 2 gennaio 2017

Storia di latte tra Loredana e Matteo.


Adesso sono felice, siamo felici. Guardo Matteo tenere le sue labbra aperte appiccicate a ventosa intorno al mio capezzolo e mi sento la donna più forte e fortunata al mondo. Adesso. Ma non è stato sempre cosi. La strada per la felicità è tortuosa, piena di ostacoli, e lunga, molto lunga! Così lenta da percorrere che sembra non finisca mai, ci si convince che nulla mai sarà come ce lo si era immaginato. Matteo è nato il 5 agosto, sano, ai miei occhi bello come il sole. Ma io ero stanca, non ero riuscita a partorirlo naturalmente. Il parto cesareo mi faceva sentire una mamma a metà. Ma in fondo lui era lì, sano e aveva solo tanta voglia di crescere. “Lo attacchi signora”, erano le parole che mi sentivo più dire nei giorni di ospedale. E io pensavo solo: “ma come? Dove lo metto? Come lo tengo? A me fa male! E lui piange!” “Sì signora è normale che faccia un po’ male, è questione di un paio di giorni e passa tutto.” Quel che girava nella mia testa in quei giorni e soprattutto in quelle notti nel letto dell’ospedale era solo: “si è appena avverato il tuo sogno, finalmente hai qui vicino il tuo cucciolo, e perché allora ti senti così?”. Mi sentivo stanca, non volevo vedere nessuno, non volevo che mi chiedessero come mi sentivo, come mi sentissi a fare la mamma. “E che ne so? Mi sento uno schifo. Mi fanno male i capezzoli da morire! Ogni volta che il bambino si attacca mi fa male la pancia, mi tirano i punti della ferita, mi muovo appena! Non mi danno da mangiare perché devo prima ‘fare aria’. Vedo tutti felici e sorridenti e io mi sento una merda. Ma perché?”. Questo avrei voluto rispondere davvero. E Matteo piangeva, vedevo gli altri neonati nelle loro cullette in giro per il reparto (le loro mamme camminavano già), tranquilli, con gli occhi aperti. Lui o piangeva o ciucciava o dormiva. E io riuscivo a tenerlo attaccato al seno meno di quanto avrei dovuto e voluto, il dolore era lancinante. Ho scoperto dopo che in seconda giornata avevo già le ragadi ad entrambi i capezzoli! Arrivati a casa pensavo che lo sclero fosse finito, che iniziasse finalmente quella meraviglia che avevo tanto sognato. Non andò esattamente così. Dopo tre giorni andammo tutti in consultorio, usciamo felici di andare a pesare Matteo, di fare la nostra prima uscita…per scoprire che non solo non era cresciuto ma era di nuovo calato di peso! Tutto quel dolore al seno, tutto quel tempo passato a cercare di farlo attaccare non era servito a niente? Che nervi! Il mio umore era sotto i piedi. Il foglietto con il numero della consulente per l’allattamento girava per casa da qualche giorno. “Cosa aspettiamo a chiamarla? Amore magari ti dà una mano.” Mi ripeteva mio marito ogni giorno. “Sì, poi la chiamo”, rispondevo io chiedendomi se mi servisse davvero. Non sono nemmeno in grado di allattare mio figlio? Non solo non sono riuscita a partorirlo, ora non so nemmeno fare la cosa più naturale del mondo? Poi mi hanno detto che fra un po’ passa. Passerà. E più pensavo così più la situazione peggiorava! I capezzoli erano distrutti, Matteo stava attaccato in media 40 minuti per tetta e prendeva pochissimo. Mi avevano detto che bastava tenere il seno all’aria e al sole per far guarire le ragadi così giravo tutto il giorno per casa con le tette al vento, con i capelli sporchi e con una stanchezza tremenda. E Matteo piangeva. Il pediatra ci consigliò di fare 24 ore di doppia pesata e capimmo così che il nostro povero cucciolo aveva solo tanta tanta fame. Dopo un ora e mezza di poppata prendeva in media 15/20 grammi! E dopo ogni pesata io mi sentivo sempre peggio, le 24 ore più lunghe e stressanti della nostra vita! Ma sono servite, il pediatra con quei dati decise di farci dare l’aggiunta di latte artificiale per dare forza ed energia al piccolo Matteo. Il primo biberon con 50 gr di latte plasmon se lo tirò giù come se non ci fosse un domani! “Allora sono io? È colpa mia? Eppure al corso pre-parto hanno detto che tutte le mamme hanno il latte? Ma a me quando arriva?” Era passata una settimana. E io stavo sempre peggio. Ricordo che un giorno quando Matteo riuscì ad attaccarsi al seno destro (dopo 15 minuti di tentativi) io sentii una scossa di dolore così forte che lo staccai con forza e lo passai a mio marito. Tra le lacrime gli dissi: “Basta, io non ce la faccio. Tanto non serve a niente!”. Lui è sempre stato molto più paziente di me. “Con calma amore, dai facciamo ancora un tentativo poi basta. Se non ce la fai andiamo avanti con il biberon. Non posso vederti così. Chiamiamo quella ragazza, la Monica Bielli. Se non va molliamo.” E così, guardando Matteo con la bocca spalancata verso il mio seno, telefonai a Monica. Era il 16 di agosto e il mattino dopo arrivò quest’angelo alto con i guanti verdi. La ricordo così, io seduta durante la poppata, triste, demotivata, lei sorridente, comprensiva. La prima che sembrava davvero capire come mi sentissi. Il suo sguardo preoccupato mentre mi guardava i capezzoli mi fece capire che la situazione era bella tosta. “allora non mi sto lamentando per niente?”, pensai. Mi disse che probabilmente c’era una bella infezione in corso oltre alle ragadi. Sembra davvero una cosa stupida e molto semplice ma finchè una donna, una professionista, una mamma non mi ha compreso dicendomi che vedendomi capiva benissimo tutto il dolore che provavo, fino a quel momento non credevo di potercela fare. “Se vuoi mollare lo capisco. Ma proviamo una settimana, ce la fai una settimana? Matteo si attacca molto bene, curiamo i capezzoli, stimoliamo la montata con il tira latte tra una poppata e l’altra e poi ci aggiorniamo? Va bene?” “Noooooooo”, avrei voluto rispondere, “non ce la faccio nemmeno un giorno, altro che una settimana!”. E invece ci provai. Ringrazio Monica per la sua consulenza e il suo sorriso, mio marito che mi obbligò a chiamarla, Matteo che bramava la mia tetta e me stessa per aver tenuto duro! Ma in effetti le cose cambiarono… Due settimane dopo eravamo riusciti ad eliminare completamente l’aggiunta di latte artificiale, ricordo come un sogno la volta che dopo 20n minuti di tetta Matteo aveva preso 75 grammi! Evvai!! Faceva ancora un male tremendo ( i miei capezzoli sono guariti completamente quando Matteo aveva circa due mesi!) ma almeno serviva a qualcosa! Sentivo Monica quasi tutti i giorni, abbiamo lavorato tutti insieme per riuscire in un’impresa che sembrava impossibile. Lui cresceva e io iniziavo a sentirmi sua mamma. Ora quei giorni mi sembrano lontanissimi. Ora che i momenti di tetta sono i più belli della giornata, ora che mentre ciuccia si stacca un attimo, mi guarda con i suoi occhioni verdi, mi sorride a bocca aperta e subito si riattacca! E io mi sciolgo! Ora che la tetta è sempre pronta, che puntualmente il mio cucciolo mangia quando mangio io se siamo al ristorante! Ora che passano ore tra una poppata e l’altra e io penso: “ma amore non hai un po’ di fame? Un po’ di sete?” Ora ringrazio il cielo per avere resistito quando non ne potevo più, quando tutti mi dicevano: massì dagli il biberon e chissenefrega! Ora che quando guardano Matteo e mi dicono: “ma che bello ciccio, lo allatta lei?” , io rispondo orgogliosa: “Siiiiiiiii, tutto latte mio!!” e mi sento invincibile adesso. Questa è la nostra storia, Matteo oggi ha 5 mesi e pesa 8 chili! Io sono sua, mi sono sentita il suo ostaggio nei suoi primi giorni di vita, adesso mi sono innamorata del mio rapitore!

lunedì 14 novembre 2016

È la nostra isola felice.... La storia di latte di Beatrice e di Tommaso.

Da quando ho sedici anni sono di avere un bambino. Un desiderio di maternità precoce che mi ha portato a litigare con tutti i miei fidanzatini del liceo terrorizzati dall’idea che li potessi “incastrare”. In realtà, più che di avere un bambino , il mio desiderio più profondo era quello di sentire un altro cuore battere dentro di me, la sensazione (schizofrenica, ora posso dirlo!) di avere un’altra vita nel mio corpo. La scoperta di essere incinta è avvenuta in un momento particolare , in cui, diciamocelo, la voglia di un figlio non era esattamente nella top ten dei miei sogni. Avevo la testa decisamente altrove. Ma il figlio c’era e il cuore batteva. Durante la gravidanza tutti sono ginecologi e dopo il parto tutti sono puericultori. Ognuno, dal fruttivendolo alla suocera, dall’amica alla conoscente su FB si sentono in dovere di seguire l’imperativo categorico kantiano di metterti a conoscenza della propria esperienza, ovviamente dispensando consigli (non richiesti) e interpretando ogni piccolo sintomo o sensazione. DA tutte queste dannose ed inutili (e direi anche inevitabili) conversazioni sono riuscita in breve tempo a maturare un terrore maniacale nei confronti del cesareo. Ma restavo comunque ottimista! Era sicura che avrei avuto un parto naturale, magari in acqua, con l’approvazione e il sostegno morale di Laboyer. Mi sbagliavo. Dopo due ore di travaglio , a seguito di un’induzione, il bimbo diventa brachicardico: CESAREO D’URGENZA. Dovessi spiegare ora, dopo quasi due anni, come mi sono sentita in quel momento non saprei cosa dire. Da quando sai di aspettare un figlio il tuo corpo non è più il tuo, non sei più tu, sei il bambino, il suo cuore, le sue mani, la sua bocca. Tu non esisti più. Svanisci risucchiata dal liquido amniotico che avvolge il tuo bambino. Quando mi hanno detto : “dobbiamo farlo nascere immediatamente, dobbiamo fare un cesareo” non ho provato la paura che mi sarei aspettata di provare in base all’ansia che avevo su questo argomento nel corso della gravidanza. Non ho provato niente. Non avevo più un corpo, né una volontà, il bambino stava male e io, sua madre, non ero in grado di farlo nascere e di proteggerlo. Mi avrebbero aperto per tirare fuori il mio bambino , per mettere al mondo mio figlio. Tommaso non respirava quando è nato e è stato rianimato Una madre inadeguata, ecco come mi sono sentita. Una madre che non è stata capace di dare il respiro vitale al proprio figlio e che non poteva stare con lui per infiniti controlli e tac. Ma sul mio cammino è intervenuto un angelo, la mia ostetrica, che mi è sempre stata vicina, che ha difeso il mio essere madre e che ha creduto in noi. Lei mi ha insegnato a massaggiarmi il seno per stimolare le ghiandole, a tirarmi il latte mentre il bambino era in terapia neonatale. Portava le poche gocce di colostro che avevo prodotto a Tommaso e gliele faceva prendere con una siringa perché nulla andasse sprecato, per non fargli dimenticare la sua mamma. E io, nella mia stanza, sostenuta dal mio compagno che non mi ha lasciato mai sola , tiravo e tiravo finchè non è arrivata la montata lattea con 39 di febbre . E di notte e di giorno portata da lui con la sedia a rotelle (ero tagliata fisicamente e nel cuore) fino al nido patologico per poter allattare Tommaso. Nonostante la lontananza delle prime ore e dei primi giorni, l’amore ci ha sintonizzato e sono riuscita a nutrire mio figlio, sostenuta e spronata dal mio compagno e dalla mia ostetrica. Non sono stata in grado di farlo nascere con le mie forze ma sono riuscita a farlo crescere. L’allattamento per me è stato il riscatto, un riscatto che mi ha permesso di risorgere da un sentimento di madre fallita nel parto. È la nostra isola felice dove possiamo rifugiarci ancora adesso dopo 20 mesi di meravigliosi occhioni.